Pochi scrittori hanno saputo raccontare la vita di frontiera come Willa Cather, vincitrice del premio Pulitzer e amatissima da autori come Truman Capote, A.S. Byatt e Rebecca West.
Nata nella Virginia rurale del 1873, cresciuta in un piccolo villaggio del Nebraska e poi trasferitasi prima a Pittsburgh, poi a New York per affermarsi come scrittrice e giornalista, Cather ha fatto in tempo a vivere nell’era dei pionieri, portando con sé luoghi e storie del vecchio West.
Storie di immigrati in cerca di opportunità e di donne forti, indipendenti, determinate a plasmare il proprio destino. Storie come quella raccontata ne Il canto dell’allodola, romanzo del 1915 per la prima volta pubblicato in edizione italiana da Fazi Editore e parte della nota Trilogia della Prateria.
Protagonista del romanzo è la talentuosa Thea Kronborg, giovane pianista e figlia di un pastore metodista svedese emigrato a Moonstone, piccola cittadina del Colorado. Per realizzare le sue aspirazioni artistiche, dovrà lasciare la casa di famiglia, autoimporsi una rigida disciplina e trasferirsi a Chicago. Qui scoprirà di avere una voce fuori dal comune e intraprenderà una carriera da cantante lirica.
Con Il canto dell’allodola Willa Cather ci regala il ritratto vivido e emozionante di un’artista in divenire, disposta a lottare – contro il mondo esterno e contro se stessa – per trovare la propria voce. E sebbene la figura di Thea Kronborg sia dichiaratamente ispirata alla diva dell’opera lirica di origini svedesi Olive Fremstad, è innegabile che l’esperienza personale e professionale della stessa scrittrice sia confluita in questa volitiva e indimenticabile eroina.