Esistono ancora i grandi romanzi che costruiscono mondi, disegnano destini individuali e collettivi travalicando i secoli, affrontano le singole, minute storie con il respiro maestoso della Storia? Esistono eccome, basta cercarli. Uno lo ha decisamente trovato Solferino, si intitola La riparazione del mondo e lo ha scritto un meraviglioso scrittore croato, Slobodan Šnajder.
La storia dei Kempf, a partire da Georg, che nel 1769 lascia le miserevoli terre tedesche per migrare assieme a migliaia di poveracci come lui nella Transilvania appena strappata ai turchi. Là troveranno una casa, un campo, una vacca, e terra nera, grassa e fertile gentilmente messe a disposizione da Maria Teresa per colonizzare i nuovi possedimenti imperiali.
È l’origine dei Volksdeutsche, milioni di tedeschi dispersi a partire dal XVIII secolo per tutta l’Europa orientale, che diventeranno la scusa per rivendicare quei territori da parte del Terzo Reich. Un nuovo Georg Kempf, centosettant’anni dopo il capostipite, si ritroverà arruolato a forza nelle Waffen SS, soldato di una patria di cui nulla sa e di cui nulla gli importa, spedito in Polonia e costretto a partecipare a orrori di ogni sorta fino alla decisione di disertare.
Con La riparazione del mondo Slobodan Šnajder ci porta al cuore della peste ideologica dell’Europa, il nazionalismo, l’illusione che una lingua e una fisionomia segnino un destino di dominio o di servaggio. Šnajder, da croato, sa bene di cosa parla e non è un caso che sia tra i firmatari della Dichiarazione sulla lingua comune, che sostiene l’unicità della lingua tra Croazia, Serbia, Bosnia e Montenegro.