Quanto è importante avere il coraggio, nella propria vita, di esprimere le proprie idee senza la paura di esporsi troppo o sbagliare? Non è forse più facile nascondersi nelle proprie incertezze e incoraggiare gli altri, i loro progetti, pur sapendo sin dal principio che è alta la loro probabilità di fallire?
Obbedire agli altri può essere molto più semplice quando si preferisce non mettere se stessi in discussione: si può vivere la propria esistenza all’ombra delle proprie abitudini, senza il rischio di farsi troppo male. Ed è questo che accade a Joseph Marti, il personaggio principale del romanzo L’assistente di Robert Walser, da poco pubblicato da Adelphi: «Anche qui egli era un bottone ciondolante che non ci si dà la briga di riattaccare, ben sapendo che la giacca non la si porterà più per molto. – lo presenta così l’autore, nelle prime pagine del libro – Sì, la sua esistenza non era che una giacca provvisoria, un vestito che non calza bene. Lui con tutta quanta la sua personalità dava l’impressione di non essere che un lembo, un’appendice fugace, un nodo stretto solo temporaneamente. Lavorava da scervellato, cioè doveva confessare a se stesso che certe cognizioni indispensabili gli mancavano. Certi concetti, per altre persone facilissimi da afferrare, stentavano singolarmente a imprimersi in lui. Che poteva farci? Lo consolava il pensiero della “temporaneità” di quel suo impiego».
Joseph Marti, disoccupato, arriva nell’imponente villa sul lago di Karl Tobler, per iniziare a lavorare come suo impiegato. Tobler è un ingegnere brillante e un inventore entusiasta, che però non riesce mai a far decollare i suoi ambiziosi progetti, che lui considera delle grandi occasioni dal punto di vista finanziario e per i quali ha investito, o gettato in modo imprudente a parere di molti, il suo patrimonio familiare senza “nessuna promessa di guadagno o garanzia di esistenza”. Marti si pone qualche domanda in merito all’orologio-réclame, l’ultima delle sue bizzarre invenzioni, che lui stesso deve aiutare a promuovere: «È come un bambino piccolo, o uno grande, un orologio così, come un bambino capriccioso che richiede un’attenzione e un sacrificio continui, e che in cambio nemmeno dice grazie. Ma si sviluppa poi questa iniziativa, cresce questo bambino? Non lo si nota. Un inventore ama la propria invenzione. Tobler si era affezionato a quell’orologio dispendioso. Ma gli altri che ne pensano di questa idea? Un’idea deve trascinare, deve conquistare, altrimenti è ben difficile metterla in pratica. Quanto a me, credo fermamente nella possibilità di realizzarla, e lo credo perché è mio dovere, perché vengo pagato per questo».
I grandiosi piani di Tobler, ispirati dal sogno di avere un destino diverso, sono purtroppo destinati al fallimento e Marti, di fronte alla minaccia sempre più concreta di una totale rovina finanziaria, tenta in ogni modo di assistere il suo principale, nonostante in casa, a distanza di tempo dalla sua assunzione, non si sia ancora parlato del suo compenso: «So quello che pensa, Marti. – afferma Tobler nel romanzo – Lei non ha ancora avuto il suo stipendio e penserà che nemmeno lo avrà. Veda di pazientare. Anche altri, adesso, devono aver pazienza. Peraltro, spero proprio che lei non ritenga necessario guardarmi storto per questo. Non lo tollererei. Chi mangia come mangia lei e si gode un’aria come quella che si respira qui da me, ha ancora parecchia strada da fare prima di lamentarsi. Lei sta vivendo! Pensi solo un pochino in che stato d’animo si trovava quando là in città io l’ho assunta. Ha una cera principesca. Di questo vorrà pure essermi un poco grato».
Sì, effettivamente Joseph era rinato in quella bellissima casa, da dove godeva una splendida vista sul Lago di Zurigo, in compagnia della moglie di Karl, Frau Tobler, e dei deliziosi pasti salati. Come avrebbe potuto mai rinunciare a tutti questi piaceri, e per andare dove, poi? «Come si fa a vivere senza fare delle stupidaggini? – riflette Marti – In questa casa potevo farne tante. Come andrà altrove? E come si può pensare di esistere senza bere il caffè di Tobler? In un altro posto chi mi darà da mangiare a sazietà? E con tanto agio, e con tanta varietà? Da altre parti il mangiare è monotono, tutto il contrario dell’abbondanza! E in quali letti puliti e rincalzati mi coricherò a dormire? Magari sotto un bel ponte accogliente! Piano! Oh Dio, siamo già a questo punto? E come riuscirò a respirare ancora senza la presenza di questo paesaggio, seducente anche in inverno? Che svago avrò la sera, paragonabile a quello di adesso con la cara, magnifica signora Tobler? A chi dirò insolenze? Non tutti le ricevono con garbo tanto singolare e bizzarro. Che tristezza. Come amo questa casa! Dove troverò una lampada che arda così dolcemente, dove un soggiorno così accogliente, così affettuoso, come sono le lampade e il soggiorno di Tobler? Tutto questo mi avvilisce. E che faranno i miei pensieri senza oggetti quotidiani come l’orologio-réclame, il distributore di cartucce, la sedia ospedaliera e la trivella di profondità? Sì, mi ridurrò infelice, lo so. Sono legato a questo posto, è qui che vivo. Come mi affeziono!».
Cosa era davvero importante per Joseph? Cosa gli permetteva di dare significato alla sua esistenza se non osservarla rimanendone ai suoi confini, nel più totale silenzio, soprattutto in quella quiete di cui godeva nelle sue lunghe passeggiate? «Nei pressi della città c’era un poggio rotondo di modesta altezza, coltivato a vite in costa e incappellato da un bosco. – si legge nel romanzo – Ebbene, andarci a passeggio era gradevolissimo. La domenica mattina Joseph andava sempre lassù, e mentre così si ricreava, finiva ogni volta per avvilupparsi in fantasticherie remote e d’una bellezza quasi morbosa».
L'assistente
Robert Walser
ADELPHI EDIZIONI
VAI AL LIBRO- Genere:
- Listino:
- € 19.00
- Collana:
- Data Uscita:
- 05/05/2022
- Pagine:
- 0
- Lingua:
- EAN:
- 9788845936692