Le streghe di Manningtree

Pelle verde, naso adunco e bitorzoluto e voce tremolante. Se sentite la parola “strega” questa è l’immagine che vi si para davanti, magari con l’aggiunta di una scopa vecchia e nodosa e di un calderone nel quale ribolle una qualche sorta di liquido fumante.
Da sempre “strega” è l’offesa che affibbiano a chiunque faccia succedere le cose, a chiunque porti avanti una storia e a chiunque risulti scomodo.
A.K. Blakemore, giovane poetessa inglese autrice di Le streghe di Manningtree, edito da Fazi Editore, permette a chi legge di scendere nelle profondità della crudeltà umana, attraverso una narrazione tagliente e dettagliata.
Il romanzo di Blakemore è terrificante, efferato, ma anche straordinariamente avvincente grazie a un’atmosfera precisa fin nei minimi dettagli, frutto delle ricerche minuziose dell’autrice
Ci troviamo nell’Inghilterra del 1643. Il secolo della caccia alle streghe.
Durante questi anni nasce il crudele e insensato movimento della persecuzione delle presunte fattucchiere: donne indipendenti, sole, ribelli e curiose, a cui viene affibbiato il triste destino di condannate a morte. Tra gli artefici di tanta violenza c’è anche Matthew Hopkins, inquisitore generale realmente esistito che diventa parte integrante del romanzo di Blakemore.
La controparte di Hopkins è il villaggio di Manningtree, un borgo pieno di donne che cercano di prendersi cura delle proprie famiglie mentre gli uomini sono lontani da casa per combattere la guerra civile che porterà al governo Oliver Cromwell. Il filo conduttore di questo romanzo è il mistero che imprime su ogni pagina la presenza del Demonio, non quello dei sabba, ma uno senza zoccoli, vestito di rigore, che al posto dei forconi ha dita puntate pronte a giudicare colpevoli le sue vittime.

Amy Katrina Blakemore è una traduttrice e poetessa inglese. Le streghe di Manningtree è il suo primo romanzo, vincitore del Desmond Elliott Prize per il miglior esordio del Regno Unito.