Gigantesco autore di giganteschi romanzi, James Joyce ha scritto anche poesie. Era giovane, certo, poco più che ventenne, ma con Musica da camera, che ora esce da Passigli, Joyce si guadagnò l’approvazione di colleghi come Ezra Pound e William Butler Yeats, che parla esplicitamente di “capolavoro”.
Che poi, in fondo, si tratta di una manciata di poesie, trentaquattro, di ispirazione amorosa scritte, come scriverà molti anni dopo lo stesso autore, da “un ragazzo molto solitario, che la notte girellava intorno a se stesso pensando che prima o poi una ragazza lo avrebbe amato”. Eppure, la maturità dello stile, l’attenzione alla tecnica del verso, che preannuncia la grande ricerca espressiva della prosa degli anni maturi, uniti alla trepida, ancora adolescenziale, vaga aspirazione erotica, fanno di Musica da camera una raccolta ancora oggi intensa e toccante.