Indietro

Nella camera oscura

Susan Faludi

Nella camera oscura (La nave di Teseo) è una storia di padri e figlie, di abbandoni e risentimenti. Ma è soprattutto una storia che parla di ritorni, di cambiamenti, delle seconde possibilità, della scoperta di un’identità.

Non si tratta di un un romanzo, ma del memoir di Susan Faludi, scrittrice e giornalista americana femminista vincitrice per  Premio Pulitzer per il Giornalismo divulgativo. Anzi, il resoconto di una vera e propria indagine che l’autrice ha iniziato nel 2004, dopo l’arrivo di una mail da parte di quel padre irascibile e violento di nome Steven. Di professione fotografo per riviste di moda, esperto nella manipolazione delle immagini, passava intere giornate da solo nella sua camera oscura e ad un certo punto se ne era andato senza dare più notizie di sé.

Solo che ora Steven non esisteva più. Allegate a quel messaggio c’erano le nuove foto di Stefánie. A 76 anni, aveva deciso di sottoporti a un’operazione di riassegnazione di genere in Thailandia.

«Il progetto scaturiva da un risentimento, il risentimento di una figlia abbandonata, e la caccia aveva come obiettivo un furbacchione che si era sempre fatto beffa delle leggi, che con grande destrezza si era sottratto a un mucchio di cose: doveri, affetti, responsabilità, rimorsi. Stavo preparando un atto di accusa, raccoglievo elementi di prova in vista di un processo. Solo che a un certo punto la pubblica accusatrice è diventata una testimone» scrive Faludi nell’introduzione del libro.

Così, Nella camera oscura è però diventato via via un’occasione per esplorare la sua complessa relazione con quel padre che per anni aveva incarnato tutti gli stereotipi del peggior machismo, ma che aveva capito in tarda età di appartenere al genere femminile. Ma non solo, perché Faludi, nel ricostruire la storia di suo padre, porta avanti un’acuta e attuale riflessione su identità, fluidità, percezione e discriminazione di genere.