«Così è il teatro tibetano, teatro delle grandi altitudini. I monasteri dove lo si rappresenta occupano dei luoghi speciali» scrive Jacques Bacot, linguista, orientalista e tibetologo che ha fatto la storia di questa disciplina. E il teatro tibetano è decisamente un’arte di grande fascino, nonché una delle espressioni culturali più significative del paese.
Fanno parte di questa antica tradizione teatrale i Cham, rappresentazioni dei misteri sacri eseguite dagli stessi monaci nei cortili dei loro monasteri in precisi momenti dell’anno, in cui si mescolano credenze religiose, narrazioni mitologiche e agiografiche, storia e folklore. Si tratta di danze rituali apotropaiche, considerate anche forme di meditazione, attraverso cui vengono narrate storie esemplari.
In Tre misteri tibetani, volume fino ad ora inedito in Italia e ora pubblicato da O barra O edizioni, Jacques Bacot raccoglie e commenta i tre più importanti Cham di ispirazione buddista. Il primo mistero narra la storia del principe Drime Kunden, che sceglie di dare via i suoi beni e diventare un asceta; protagonista del secondo mistero è la regina Drowa Zangmo, incarnazione di un essere celeste; il terzo riguarda la scelta della giovane Nang Sel di intraprendere la via della purezza contro la volontà della famiglia.
Va da sé che si tratta di testi di grande importanza, fino ad oggi introvabili in traduzione italiana, raccolti in un libro completo e argomentato, frutto del lavoro di ricerca sul campo di uno dei pionieri di questi studi. Una lettura irrinunciabile per specialisti e cultori della materia, per gli amanti dell’Oriente, per chi desidera approfondire storia e tradizioni buddiste e per chiunque abbia interessi storico-religiosi e antropologici.