Quanto c’era piaciuto L’uomo di Calcutta, thriller coloniale d’esordio dello scozzesissimo autore di evidenti origini indiane Abir Mukherjee? Tanto, davvero tanto, per quell’impasto di esotismo e british humour, per quella capacità di far convivere la compassata avventurosità di Somerset Maugham con uno sguardo critico e disincantato sugli anni di Vicereame. E poi, per il pubblico italiano, basta dire Calcutta e sunderbunds ed è subito Emilio Salgari (chissà se il nostro autore lo ha mai sentito nominare…). In Inghilterra, intanto, Mukherjee miete successi e scala le classifiche anche con Un male necessario (SEM), seconda puntata delle indagini di Sam Wyndham e del suo pard, il sergente Surrender-not Banerjee. Questa volta il morto è niente meno che un mahraja. Tra fanatici religiosi, nazionalisti sul piede di guerra, parenti inetti e gelosi, i due hanno solo l’imbarazzo della scelta. Tutto attorno, l’India in puro stile anni 20: hotel sontuosi, regge ancora più sfarzose, miseria e colori. Con un po’ di fantasia si può sentire il profumo delle spezie e dei frangipani. Adesso però vogliamo un Attenborough che ne tiri fuori un film.