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Una vita dolce

Beppe Sebaste

Quando la nostra vita ci mette con le spalle al muro e ci pone davanti agli occhi situazioni spiacevoli come la malattia e la morte, quasi a volerci dimostrare, o convincere, che siamo destinati a rimanere da soli con le nostre paure, con il grande rischio di perderci in esse, cosa ci resta da fare?
A molti di noi probabilmente non rimarrebbe che arrendersi davanti a ciò che sembra ineluttabile e definitivo. E poi c’è chi, di fronte alle avversità di tali circostanze, anche davanti a una resa forzata trova la forza di cambiare prospettiva, guardando le cose in un modo nuovo.
Potrebbe essere che ciò di cui abbiamo da sempre memoria e che ha consolidato, nel tempo, quelle che sono le nostre abitudini, possa averci incatenato in schemi, non mostrandoci, specie nei momenti più difficili, le cose per quello che realmente sono? Come dare a esse il giusto valore specie quando è la stessa memoria, “persa” nella malattia, a sfuggirci e a svuotare le parole e le cose del loro significato più intrinseco? Beppe Sebaste in Una vita dolce, da poco pubblicato da Neri Pozza, issa le vele nella sua mente per farsi trascinare dal vento dei suoi pensieri e mostrarci i tantissimi modi attraverso cui si può osservare, e forse cogliere, il miracolo dell’esistenza e la bellezza del sogno, anche quando la prima cosa da affrontare, e in qualche modo comprendere, è la più difficile di tutte: il dolore. Al centro della narrazione la vicenda dolorosa di S., la compagna del protagonista della storia.
In questo libro, che è un romanzo, ma nello stesso tempo un quaderno di riflessioni e un diario intimo, Sebaste ci mostra quello che ci resta, anche quando la sofferenza sembra non darci scampo: la capacità di meravigliarci e di interrogarci sui misteri di una vita il cui senso è probabilmente indefinibile, ma pur sempre valido nella sua straordinaria bellezza.
Tutto quello di cui siamo certi e che ci definisce, secondo il protagonista, può essere messo in discussione, posto sull’orlo di un abisso o sospeso in un intervallo di tempo che forse può indicarci la via migliore per inseguire il vero significato delle cose, originate da un infinito divino e misterioso, la cui esistenza resta il più affascinante punto di domanda. A cosa serve trovare risposte a ciò che probabilmente ne è privo?
«Cosa scriveresti in un’isola deserta? – si chiede il protagonista del romanzo – Che la vita umana sente la mancanza di eternità come un’asfissia, finché non incontra l’ossigeno del Divino, senza il quale la vita non sarebbe altro che ciò che tende alla morte. Vita e morte si equivalgono, essendo entrambi stati di mancanza. L’eternità invece, l’infinito, è quella dimensione che “manca di ogni mancanza”. Viviamo in un’isola deserta e al tempo stesso affollata, e non ne possiamo più della nostra devastante fame d’aria, della nostra assenza di respiro».
Ed è sempre il nuovo ad aprirsi all’infinito, non alla totalità, ma alle imperscrutabili emanazioni del Divino, che non ha niente a che fare con l’umano. Che cos’è il Divino, allora, se non un’immensità in cui nuotare, una gioia in cui lasciarsi andare e per cui stupirsi e, soprattutto, piangere? «Non piango per una perdita, per un lutto che nasce dal riconoscimento di un limite insuperabile, – racconta ancora il protagonista – ma per qualcosa che c’è, e insiste a esserci. Prevale la gratitudine e la commozione amorosa: scoprire sempre qualcosa da qualche parte che ci fa arrendere, che c’è qualcuno da qualche parte che si arrende, tutto questo mi allaga il cuore come una rivelazione. La più bella storia sul piangere che io conosco è quella che chiamo “L’uomo che piange” – un Baba indiano, un sadhu, asceta e uomo di Dio, che vive sulle sponde di Madre Ganga (il fiume Gange) a più di tremila metri di altitudine. Ogni pomeriggio alla stessa ora, in estate o in inverno, col sole o con la neve, si siede sulla sponda di Ganga, vi si immerge e resta seduto a piangere a lungo. Piange ogni giorno, di pomeriggio. Piange. È il suo servizio al Divino. Io lo penso spesso, e spesso vorrei essere lui. Vorrei nuotarci dentro come quella volta da bambino».
Non abbiamo, forse, avuto sempre sotto i nostri occhi il Divino, si chiede il protagonista, lì proprio dove nasce il nostro linguaggio, dove la nostra lingua genera la parola, che a sua volta diventa scrittura, una scrittura che va oltre il disegno quando fa il salto d’immaginazione (un salto divino) per tradurre la grandezza di un pensiero? La lingua e la scrittura non esisterebbero senza il suo aiuto, né sarebbe stato possibile agli umani inventarle e possederle. «Scrivere è disegnare, ma disegnare non è ancora scrivere. – afferma il protagonista – Scrivere è aggiungere parole al disegno, perché il disegno non permette di dire tutto, si scontra con l’astratto, con l’irrappresentabile. Come dire con un disegno parole come “volere”, “ricordarsi”, “domani”, “ieri”? Ho ancora tante cose da scrivere e imparare, da mettere in pratica, come la vertiginosa differenza tra scrivere per gli applausi degli umani e scrivere senz’altro scopo che nuotare nell’oceano del Divino».
Eppure, anche quando il Divino sembra sfumare e dissolversi in una memoria minata alle sue fondamenta dalla malattia, è possibile recuperarlo, liberandosi del tempo e dilatando smisuratamente l’istante in cui si è solo una misteriosa dissolvenza che prima o poi conduce alla definitiva scomparsa del proprio sé: «La malattia di S. non è molto diversa dalla situazione di tutta l’umanità: vivere sapendo di morire, vivere per morire, ma perdendo se stessi poco alla volta lungo la strada. Ne è forse solo una messa a fuoco più nitida, un’accelerazione incalzante. La disintegrazione della materia è a portata di mano e di labbra, è visibile guardando se stessi, ascoltando se stessi. Ma se dilatiamo l’adesso, vivendo il lusso delle infinite variazioni sul tema, come nella musica jazz, siamo più liberi e meno perdenti nei confronti delle forze disgregatrici. Esserne pienamente consapevoli, avere il coraggio di riconoscersi e di essere, per un istante, felici. Essere e basta».

Una vita dolce

Beppe Sebaste
NERI POZZA
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Genere:
Listino:
€ 18.00
Collana:
Data Uscita:
21/04/2022
Pagine:
0
Lingua:
EAN:
9788854523913